SICILIANI – ENZO SALANITRO

Le tele oblique di Enzo Salanitro: a Milano mostra sui martiri della mafia

«Adesso vi faccio vedere chi nella mia terra muore di verità e giustizia». Così, con un pizzico di orgoglio amaro, l’artista Enzo Salanitro si è rivolto alla platea meneghina del Teatro di Milano, presentando il 20 maggio la mostra Siciliani. Poche parole, senza fronzoli. Solo spazio alla parola della tela.

Omone dagli occhietti piccoli giunto alla soglia dei sessanta, Salanitro è un pittore girovago. Nonostante gli anni trascorsi nella provincia lombarda ad insegnare Storia dell’arte, non ha mai perso l’aspra cadenza del suo paesino: Mistretta, nel messinese. Lì dove è ritornato per restare ed elaborare una nuova idea di arte. «Una crisi etica e politica mi ha spinto a riflettere sul senso della pittura, sulla possibilità di una sua funzione sociale». Da qui la consapevolezza dell’essere artista come mestiere, ministero. Servizio, appunto. «L’arte è tale se esprime un’urgenza, una necessità. La mia è quella di lasciare una domanda su alcune questioni che riguardano la mia terra»Ecco allora l’idea di Siciliani: cinquanta ritratti di chi su quella terra c’è morto per darle un futuro di vita. Ci sono, tra gli altri, Pippo Fava, il giudice Chinnici, Impastato, Luigi Bodenza, Borsellino, il giornalista Cosimo Cristina. «Loro sono i nuovi martiri – boccheggia Salanitro – Testimoni fino alla fine di bene e libertà».

Per l’artista, incontri speciali alla mostra di Milano: in mattinata con i ragazzi di alcune scuole del capoluogo, nel pomeriggio con una compagnia attoriale di giornalisti e magistrati. I primi hanno drammatizzato alcuni versi di Peppino Impastato, i secondi hanno inscenato un’opera su Borsellino. «Tutta in dialetto siciliano, incredibile!». Dimostrazione che, rispetto al principio mafioso del linguaggio assoluto, della proprietà esclusiva e prevaricatrice, è possibile un linguaggio dell’incontro. È possibile l’adozione della parola dell’altro come fonte di vita e ricchezza.

Curiosità sostanziale: l’istallazione di Salanitro prevede la disposizione obliqua di alcuni ritratti, rispetto al principio tradizionale di verticalità. «È la morte di questi uomini, che sconquassa l’ordine della vita creando nuovi e potenti vortici. Ma anche simbolo di chi non si è voluto drizzare dinanzi la mafia».
Infine anche una tela bianca: Il vuoto della tela. Un’altra, prossima, morte? O la nostra pennellata suggerita da quegli eroi? «Creare una domanda» aveva detto il maestro. E c’è riuscito.

Organizzazione: Piero Margan – Ponte degli Artisti